“Non più soltanto andare verso il popolo, ma sentirsi popolo, esprimere direttamente la volontà del popolo"

martedì 24 febbraio 2009

Ronde

La sicurezza é compito dello Stato, istituzionalizzare le ronde non é la soluzione al male dell’insicurezza, ma solo in ulteriore sintomo del tumore: significa che anche su questo tema lo Stato sta abdicando. Per risolvere il problema della delinquenza sono necessarie: una magistratura più efficiente, maggiori risorse alle forze dell’ordine e, soprattutto, una profonda riforma dello Stato: se uno scippatore o uno stupratore escono dal carcere dopo poche ore, lo si deve alla legge italiana che é stata, negli anni, modificata in senso garantista, per tutelare la casta politica. Va da sé che se si tutelano i politici, a discesa si tutelano tutte le altre categorie: inclusi gli stupratori extracomunitari. Poiché la maggior parte dei delinquenti stranieri sono rumeni, albanesi e marocchini, vanno realizzati accordi con le tre nazioni per far sì che le pene vengano scontate nei paesi di origine, anche se a spese dell’Italia: il nostro Stato risparmierebbe comunque, in quanto mantenere un criminale in una prigione rumena, albanse o marocchina costa senz’altro meno. Inoltre andrebbe ripreso il progetto di dismissione delle vecchie carceri situate spesso in aree prestigiose dei centri urbani per costruirne di nuove. E’ ovvio che la popolazione carceraria é in aumento, se non fosse per motivi economici e giuridici (é senz’altro più conveniente delinquere in Italia che in Marocco) lo sarebbe comunque per motivi demografici e geografici, Unica soluzione: più delinquenti uguale più carceri. Infine, ma non ultimo, ripartiamo dall’educazione dei giovani e dei meno giovani: se lo svago preferito é diventato lo sballo istituzionalizzato, lo si deve ai modelli negativi che la società offre ad ogni angolo, e questo produce solo malessere e violenza gratuita.

domenica 30 novembre 2008

INIZIATIVA CULTURALE DE LA DESTRA



SABATO 20 DICEMBRE ORE 17,30


SALA DEL CONSIGLIO COMUNALE PESARO


"UNO BIANCA LA BANDA DI ROBERTO E FABIO SAVI"


PRESENTAZIONE E DIBATTITO DEL LIBRO DI MASSIMILIANO MAZZANTI


Massimiliano Mazzanti, autore del libro

Walter Stafoggia, Segretario Regionale La Destra

Giacomo Rossi , Segretario Provinciale La Destra
Federico Sorcinelli, Consigliere Comunale La Destra Fano
Organizzazione evento: Cometti Bruno comp. comitato centrale LD

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Tra il 1987 e il 1994, tra Bologna e le Marche, agì la più feroce banda di rapinatori della storia criminale della Repubblica italiana, quella della UNO BIANCA.Quando finalmente vennero sgominati, l’opinione pubblica del Paese inorridì nello scoprire come ben cinque dei sei criminali fossero agenti della Polizia di Stato. Subito dopo il loro arresto, tutti cominciarono a chiedersi come fosse stato possibile che lo stesso gruppo di uomini, usando sempre le stesse armi, avesse potuto agire impunemente per tanto tempo. Subito - come già si era ipotizzato quando iniziò la caccia alla UNO BIANCA - ci fu chi ipotizzò il coinvolgimento di frange dei servizi segreti deviati o di strutture eversive di destra in combutta con settori della malavita organizzata. Dopo l’arresto e durante i processi - di cui alcuni, seppur per fatti minori, secondari o collegati sono ancora in corso - emerse una verità ancor più inquietante. Massimiliano Mazzanti, dopo l’uscita delle ennesime ricostruzioni fantasiose, ha ripercorso dunque tutta la storia della banda, dai suoi albori fino all’arresto e ai processi, in un libro che, in soli quattro mesi e con una distribuzione limitata a Bologna (il libro, nel resto d’Italia, si può ordinare solo via internet) ha conquistato centinaia di lettori, imponendosi come testo di riferimento per chiunque voglia conoscere questa vicenda. Nessuna ipotesi, nessuna questione riguardante la lunga vicenda dei Savi è stata trascurata nella ricostruzione di Mazzanti e tutte le tesi esposte sono fondate e documentate su carte ufficiali, incontestabili, prodotte in tribunale o scovate dal giornalista negli archivi dei tanti avvocati che si sono occupati del caso. Chi ha veramente permesso la cattura dei Savi? Perché furono tanto feroci, in alcune loro azioni criminali? Perché facevano credere di essere militarmente addestrati? Ma, soprattutto, chi sbagliò le indagini che avrebbero permesso - ben tre anni prima, con un risparmio di vite enorme - di assicurarli alla giustizia già nel ‘91? Mazzanti, senza sconti per nessuno - semplici funzionari, alti dirigenti del Viminale, politici - fa nomi e cognomi, ricorda le circostanze e attribuisce le responsabilità, denunciando anche come molti di coloro che permisero - coi loro errori e a volte anche con compiendo azioni più gravi de semplice sbaglio - siano ancora ai vertici della Polizia di Stato. Tanti gli apprezzamenti giunti a Mazzanti per la realizzazione di questo studio: dai parenti degli assassinati (prima tra tutte, la madre di Andrea Moneta, il giovane carabiniere, Medaglia d’Oro al Valor Militare, che comandava la pattuglia sterminata nella Strage del Pilastro del 4 gennaio 1991) all’ex- presidente della Repubblica, Francesco Cossiga; da attuali ministri ai tanti lettori e radioascoltatori dei programmi radiofonici condotti in Emilia dall’autore.

Massimiliano Mazzanti, 39 anni, giornalista professionista, ha lavorato per 14 anni al Secolo d’Italia e ha collaborato come opinionista ed editorialista con innumerevoli testate italiane. Ritornato a operare nel capoluogo emiliano, dirige da anni un fortunato talk-show radiofonico - Obiettivo su Bologna -, prima su RadioSferaRegione e da due anni su Punto Radio.

giovedì 21 agosto 2008

31 AGOSTO, MOZIONE QUASI PRONTA…

Gli ideali sono come le stelle: non possiamo raggiungerli, ma tracciamo la rotta in base ad essi.La mozione è praticamente pronta – una trentina di cartelle almeno - e dopo le ultime limature, la invierò alla sottoscrizione entro il 31 agosto di chi vorrà farlo tra i membri del comitato politico nazionale.“Dal congresso - che si terrà a Roma il 7, 8 e 9 novembre - dobbiamo scrivere una nuova pagina per il futuro della nostra Patria.(…)
A novembre saranno trascorsi sedici mesi dalla fondazione del Movimento e un anno dall’assemblea costituente, nove mesi dalla scelta orgogliosa di Trieste e sette dalle elezioni politiche che videro un movimento senza mezzi e struttura arrivare ad un soffio dal risultato deludente dei quattro partiti della sinistra radicale con il loro triste carico di storia e di responsabilità. Ad aprile siamo definitivamente nati, ora dobbiamo crescere e vivere come abbiamo voluto. (…)
La Destra nasce e rinasce anzitutto per rispondere all’assenza di senso di giustizia che pervade le famiglie italiane, le persone, la comunità nazionale. Qui sta la volontà che maturammo alla fondazione del movimento. Poco più di una trentina di pionieri lanciarono il sasso. Che non chiamammo a chiedersi se quella scelta fosse utile, ma solo se fosse giusta.Oggi il popolo italiano, molto più che a luglio e novembre 2007, molto più che a febbraio e aprile 2008, sa che la casta non alberga nel nostro movimento, comunità di uomini liberi che ha scelto di non contaminarsi con logiche di mero potere. Sì, per il potere si può uccidere: noi non abbiamo voluto cancellare tutto quello in cui abbiamo creduto e ci ostiniamo a voler ancora rappresentare. Giustizia per gli italiani, innanzitutto, attraverso scelte non più compromissorie. Futuro per i giovani, chiamandoli alla rivolta morale contro l’eutanasia della Patria.
(…)Crediamo di essere nel giusto se affermiamo che di mediazioni all’estremo si muore: la sinistra radicale non è stata cancellata dal proprio elettorato per i suoi “no”, ma per i troppi “sì” a scelte incomprensibili.La Destra di luglio 2007 è destinata ad entrare nella storia dell’Italia se sarà capace di credere con determinazione, sapendo che nel proprio passato ci sono solo memorabile lotte senza regali da alcuno. E’ il nostro formidabile biglietto da visita, è la spinta verso il domani. Dal congresso in avanti nessuno potrà più fermarsi a guardarsi indietro: è avanti la nostra strada e chi teme la sfida non ostacoli chi non desidera altro che impegnarsi.
(…)Non siamo al governo dell’Italia perchè non hanno voluto la presenza de La Destra come forza organizzata e autonoma all’interno della coalizione. Non ci hanno voluti non per un’antipatia personale o collettiva, ma perchè differenti. Alleanza nazionale è al governo, ma c’è chi se ne accorge?(…)Oggi, per la prima volta, le principali culture politiche del novecento, la destra e la sinistra, sono fuori dal Parlamento e i partiti che ad esse si ispirano devono fare i conti con la pervicace volontà varare leggi elettorali ulteriormente restringenti e con alte soglie di sbarramento.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il bipartitismo è ancora lontano. Anzi, proprio le elezioni nazionali secondo alcuni ne hanno segnato la fine, dopo il risultato della Lega, dell’Italia dei Valori e della stessa Udc.Ed allora, la domanda cui occorre dare risposta, è se esista ancora uno spazio politico a Destra e come questo spazio politico possa essere eventualmente essere occupato.
(…)“Alleati sì, doppio gioco no, servi mai!”. Questo vecchio slogan, mutuato dal nostro passato, rende bene l’idea di ciò che avremmo voluto al momento stesso della nostra nascita.Guardare avanti senza mai voltarsi indietro se non per cogliere il senso delle radici che chiamiamo identità; costruire una nuova e diversa modernità politica senza rifiutare la nostra storia, senza sputare su un passato che non è nella nostra disponibilità perché appartiene a chi l’ha vissuto e costruito col sacrificio, il sudore, le lacrime, e spesso il sangue.Navigare dunque, unendo il gusto della scoperta alla capacità di mantenere saldamente a dritta il timone: è lo scopo che ci siamo prefissi che ci ha fatto scegliere la rotta.
(…)Possiamo unirci ad altri in questo compito? Senza dubbio. A condizione che ci siano il rispetto e lo spazio: non per noi, ma per il patrimonio di idee e di valori che rappresentiamo.A patto che siano accettate e condivise le battaglie che vogliamo condurre; che non venga mai messa in discussione l’esistenza e l’agibilità politica de La Destra, ossia di quella comunità umana e politica che – come scrivemmo alla nostra nascita – continua ad essere “espressione vitale e necessaria di una comunità umana, politica e ideale che i conti col passato li ha fatti tutti e per questo si è lacerata - che nasce per affrontare con rinnovato spirito le sfide dell’oggi e del domani, scegliendo non a caso come proprio emblema una fiaccola, protesa verso l’alto da un braccio giovane, a simboleggiare la continuità di una storia che non si spegne e al contempo l’irrinunciabile aspirazione alla Libertà come dimensione fondamentale dell’agire umano e politico, della persona singolarmente intesa e del nostro popolo rappresentato dai tre colori della bandiera nazionale: quel popolo di cui siamo espressione, primo e principale interlocutore a cui ci rivolgiamo e al quale solo sentiamo intimamente di dover rispondere”.Non è questa una chiusura verso nessuno.Al contrario è la nostra volontà di aprirci al dialogo con tutti coloro che vorranno insieme a noi condurre delle battaglie politiche; a chi con noi vorrà dialogare e confrontarsi in termini agonistici.
Consapevoli che sia più ovvio (o così almeno sembra…) trovare interlocutori nell’attuale centrodestra, sappiamo altrettanto che singole importanti battaglie che coinvolgono l’intero assetto democratico e costituzionale di una nazione possono spingere forze tra loro distanti e lontane a incontrarsi in nome del bene comune; così come sappiamo che la difficoltosa ricerca di confronto sui grandi temi della politica può diventare un inedito scenario di incontro tra coloro che hanno a cuore una visione sociale e comunitaria dello Stato, un rispetto profondo della giustizia e della libertà di espressione ed informazione, un’attenzione privilegiata ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione, un interesse spiccato a mantenere vivo e vitale il patrimonio di piccola e media imprenditoria che ci caratterizza come nazione.
(…)Sapendo che essere di Destra non vuol dire rimanere ghettizzati o ancorati ad un passato ormai lontano.Essere di Destra vuol dire arrivare a governare. Ma essere di Destra vuol dire anche non dover governare a tutti i costi, svendendo se stessi, anima compresa. Essere di Destra vuol dire saper anche rinunciare a poltrone ed incarichi, a maggioranze e prebende. Essere di Destra vuol dire avere una dignità da difendere.Essere di Destra vuol dire non tradire quel milione di italiani che ci hanno votato perché eravamo fuori dagli schemi, eravamo diversi da chi propugna un pensiero debole ed unico”.(…)
Sarà una gran bella mozione, dovrà essere un gran bel congresso…

giovedì 3 luglio 2008

Writers, una piaga nazionale da estirpare

E' di questi giorni la notizia che alcuni giapponesi, colpevoli di aver deturpato con scritte alcuni monumenti di Firenze sono stati individuati e puniti.
Questo dovrebbe essere una cosa normale, la notizia purtroppo sta nel fatto che sono stati individuati e puniti, non a Firenze, dove si é compiuto reato, o in Italia, ma in Giappone.
A Pesaro, città tra le più deturpate d'Italia da questo tipo di espressione teppistica, non si é ancora riusciti ad individuare, tranne in un paio di casi, coloro che da anni, arrecano danni a immobili pubblici e privati, civili e di culto.
La cosa appare strana, dal momento che tutti costoro si firmano, con firme individuali o di bande (crew); la cosa appare ancora più strana dal momento che l'hanno scorso, in poche ore, sono stati individuati gli autori delle scritte "fasciste" al campus.
Poiché, già dal marzo 2007, risulta essere stato individuato, dalla Polizia di Stato, e deferito in stato di libertà vigilata all' A.G. il wryter Fedro, sigla notissima ai proprietari di immobili del centro storico e non solo, il sottoscritto consigliere comunale interroga il Sindaco per sapere
1) se il comune si sia costituito parte civile contro questo personaggio

2) cosa intenda fare l'amministrazione comunale per contrastare l'attività dei wryters nel comune di Pesaro, attività che produce danni ai cittadini quantificabili in centinaia o migliaia di euro, oltre al danno di immagine incalcolabile nei confronti della città.
Walter Stafoggia