“Non più soltanto andare verso il popolo, ma sentirsi popolo, esprimere direttamente la volontà del popolo"

martedì 23 ottobre 2007

TELECAMERE A PESARO


Il motivo per cui la nostra città si dovrebbe dotare di un sistema di varchi elettronici e telecamere per regolare l'afflusso nella zona a traffico limitato del centro storico, dovrebbe essere quello di migliorare la qualità della vita di chi nella ZTL ci vive e lavora. In realtà, questo "grande fratello", é solo il preludio di una serie di nuove gabelle più o meno occulte che graveranno su chi nel centro storico ci vive, su coloro che ci lavorano e, infine su coloro che desiderano frequentarlo. Premesso la motivazione ufficiale è impedire gli accessi nella ZTL a veicoli senza permesso, premesso che lo studio del nuovo piano é stato appaltato dal comune di Pesaro alla Pesaro parcheggi e che quest'ultima ha incaricato alcuni "esperti d Modena" che evidentemente conoscono benissimo il centro di Pesaro, rivolgo al l'assessore Gambini le stesse domande che gli ho rivolto in consiglio comunale senza avere in quella sede risposte serie: quante sono le auto che entrano nella zona a traffico limitato senza permesso? Quante multe sono state fatte a coloro che entrano nella ZTL, anche con camion di notevoli dimensioni, fuori orario carico e scarico? Quanti permessi sono stati ritirati a coloro che ne abusano? Cosa succederà a coloro entrano nella ZTL con il motorino? Solo una risposta a queste domande può permettere di valutare se a Pesaro serve o meno un sistema di video sorveglianza che costerà un miliardo di vecchie lire l'anno ai pesaresi. La cosa più grave é l'introduzione della tariffazione dell'accesso e della sosta. Vorrei che l'assessore Gambini mi spiegasse, ma sopratutto lo spiegasse a chi nel centro storico ci vive e lavora, perché l'occupazione del suolo pubblico dobbiamo pagarlo profumatamente solo noi. E' tempo che i residenti e i lavoratori del centro storico si organizzino per contrastare questa pericolosa iniziativa.

martedì 9 ottobre 2007

GIUSTIZIA PER ABELE


Il Ministro Mastella in questo periodo é più affacendato a difendere l'indifendibile (cioè lui stesso e i troppi come lui) che i cittadini italiani che invocano giustizia. Il tabaccaio assassinato a Napoli, il Rom condannato a sei anni da scontare in un residence al mare, il brigatista rosso con sei omici alle spalle che fa il bidello e nel tempo libera rapina banche, ma continuerei con Sofri, che da anni ha addirittura una pagina a sua disposizione su uno dei settimanali più letti , e poi, anni e anni per avere una sentenza: sono tutti esempi di una giustizia che non c'è più. E' inutile chiedere più polizia: servono nuove leggi, più carceri e nuovi magistrati. E anche per i magistrati (come per i politici) propongo controlli per verificare l'assunzione di stupefacenti e verifiche psicofisicoattitudinali: se le fanno i piloti degli aerei di linea che sono responsabili della vita di qualche centinaio di persone non vedo perché non le debbano fare coloro che sono responsabili della sorte di milioni di cittadini e di una intera nazione. Prima viene la Giustizia per Abele, e solo dopo Nessuno tocchi Caino.

giovedì 4 ottobre 2007

Basta con le scarcerazioni facili: certezza della pena


Non se ne può più di terroristi e delinquenti comuni condannati ma liberi o semiliberi grazie a magistrati che dichiarano di applicare solo la legge. La durata media delle condanne è ben distante dalle massime punizioni previste dal codice per quei reati. La maggior parte dei condannati ha precedenti penali, e aumentano tra "chi sbaglia" i giovani e le donne: la certezza della pena è solo un’illusione mentre l’identikit del condannato mostra una persona il più delle volte recidiva. È quanto emergeva da una indagine compiuta nel 2003 dall’Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, sulla quantità e sulla qualità delle condanne, sulla media delle pene comminate e sulla effettiva loro espiazione, tracciando anche l’identikit del condannato. Tutti i dati si riferivano a condanne passate in giudicato in un arco di tempo che comprendeva gli ultimi dieci anni.
Nell’ultimo decennio, secondo l’Eures, sono stati 850 mila gli anni di detenzione inflitti e non scontati in carcere. Dal rapporto tra anni scontati e anni di reclusione comminati dalle sentenze definitive è stato possibile realizzare l’indice di certezza della pena, vale a dire la percentuale degli anni effettivamente trascorsi in carcere su quelli inflitti, che tocca nel 2001 la punta più bassa (38,4%) e nel 1995 la punta più alta (44,9%).
Calcolando la media degli anni di reclusione comminati nell’ultimo decennio emerge un indice di applicazione della pena ben distante dalle massime punizioni previste dal codice penale per i singoli reati. Per l’omicidio volontario la durata media della pena inflitta è di 12,4 anni (il codice prevede da un minimo di 21 anni all’ergastolo), per l’omicidio preterintenzionale è di 8,8 anni (il codice prevede da 10 a 28 anni), per l’omicidio colposo 0,5 anni (da 6 mesi a 5 anni per il codice); 2 anni per la rapina (da 3 a 10 anni) e l’estorsione (da 5 a 10 anni); 0,4 anni per il furto (massimo previsto 3 anni) e per la truffa (da 6 a 12 mesi per il codice); per la bancarotta 1,3 anni (da 6-24 mesi a 3-10 anni per la "semplice" e la "fraudolenta" per il codice); 1,1 per la detenzione di armi (da 1 a 4 mesi da 1 a 3 anni) e 1,3 anni per il peculato (da 3 a 10 anni la pena edittale prevista).
Ma per quali reati si rischia di andare effettivamente in carcere dopo la condanna definitiva? Calcolando il rapporto tra detenuti e condannati, la classifica vede ai primi posti il sequestro di persona e l’omicidio volontario; seguono, nella "classifica", estorsione, produzione e spaccio di stupefacenti, rapina, istigazione e sfruttamento della prostituzione, violenze sessuali, furto, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale, infanticidio, atti osceni, lesioni personali volontarie; in coda, a forte distanza, peculato, truffa, bancarotta, emissioni di assegni a vuoto, lesioni personali colpose e omicidio colposo.
I dati sono sconfortanti, per risolvere il problema delle carceri sovraffolate si é ricorsi all'indulto: ma oggi le carceri sono di nuovo piene e il problema si pone tale e quale. All'associazione Nessuno tocchi Caino propongo di affiancare L'associazione Abele ha diritto di avere giustizia. Si alla certezza della pena, si alla costruzione di nuove carceri, si alla possibilità di lavore per rifondere i danni alle vittime, propongo inoltre di consentire l'immigrazione in Italia solo ai cittadini di quelle nazioni disposte a far espiare nelle loro carceri i loro cittadini condannati in Italia.

lunedì 1 ottobre 2007

Videomessaggio Francesco Storace